Apparizione della Madonna

 

IL QUADRO

                                                 

                         

L'antico oratorio conservava un'immagine della Madonna del Carmine, dipinta su tavola, ancora oggi venerata, piuttosto originale, realizzata  secondo la tradizione da un pellegrino anonimo sul fondo di una botte e lasciata lì in dono come riconoscenza per l'ospitalità ricevuta da una famiglia del luogo. La vergine vi era seduta in trono con il bambino in braccio; ai due lati erano raffigurati i Santi Martiri Vito e Modesto: un'opera non molto pregevole artisticamente, probabilmente di scuola spagnola, così ebbero a dichiararla alcuni pittori di fama come Giambattista Tiepolo che volle esaminarla di persona, ma senza dubbio di grande valore, sia per il soggetto alquanto raro, sia per i sentimenti che ispiravano l'atteggiamento solenne della Madonna e quello devoto dei Martiri. Tutto ciò rende difficile un'imitazione dell'opera, che mantiene la sua singolare originalità da molti secoli ormai, sebbene ora non compaiono più accanto alla Madonna le figure dei due Martiri.

 

 

                                 

                                                                      L'APPARIZIONE

IL 4 agosto 1716, festa di San Domenico, verso le sei del mattino un ragazzo di nome Natalino Scarpa

Di Giovanni detto il Muto, dall'età di circa 14 anni e mezzo,

mentre si recava alla chiesa parrocchiale di Ognissanti,

passando davanti al tempietto dei Santi Vito e Modesto,

che conservava anche un antico dipinto raffigurante la           

Madonna del Carmine, vide una donna sconosciuta, bassa

di statura, piuttosto anziana, in piedi dal lato destro

della chiesetta. La "Signora" vestiva un abito azzurro,

trapunto di stelle rosse, che le arrivava fino ai piedi

e aveva il capo coperto da un velo bianco che le giungeva

sotto le braccia; il volto era pallido,  le gote bianche, l'aspetto  schietto senza ornamenti di sorta, lo sguardo preoccupato.

 

 

La chiesetta era chiusa e la donna era lì accanto: faceva cenno con la mano che il ragazzo si avvicinasse perchè doveva dirgli qualcosa: "Vien qua fio - gli disse - va' dal Piovan e dighe che faccia celebrar delle messe per le anime del Purgatorio, se volemo aver vittoria, e portime la risposta; e tel digo a ti perchè ti xe degno". E con la mano destra, quasi a rassicurarlo e a confermarlo della realtà della visione, gli toccò il polso sinistro, trattenendolo con affetto per qualche istante.

Natalino era solo e stava recandosi alla chiesa di oOgnissanti per accompagnare il rito dell'amministrazione della Comunione a tre infermi ; nessuno tranne lui può aver visto quella donna.                                                      

 

                                                                                           

L'IMMAGINE DELLA MADONNA MUOVE GLI OCCHI

 

Nel frattempo due donne - una portava il nome di Laura - avvicinatesi alla porta ancora chiusa del tempietto, sul cui sagrato era avvenuta la visione, esclamarono che attraverso la toppa della serratura avevano intravisto l'antica immagine della Madonna del Carmine muovere gli occhi. 

 

Natalino, che era lì accanto, non riuscì a vedere il prodigio asserito da quelle donne, ma con lui c'erano molte persone che avevano sentito del fenomeno, e in molti si avvicinarono all'uscio per tentare di vedere. Il giovane Natalino incontrò tra la gente anche il santolo Bara Fisolo, che sosteneva decisamente non si dovesse prestare fede a quelle chiacchiere sul movimento degli occhi; ma anche costui volle togliersi la curiosità. Avvicinatosi alla porta, guardando attraverso la toppa, dovette invece ammettere, proprio lui, il più scettico, che qualcosa di straordinario si era verificato. "Adesso credo - esclamò - perchè ho visto!". Quest'altro particolare prodigio introduce un elemento del tutto nuovo nella storia dell'Apparizione della Vergine a Pellestrina.

LA NOTIZIA SI DIFFONDE

 

Natalino tentò di liberarsi subito di quello strano segreto,

cercando di comunicarlo a don Angelo Busetto, il cappellano anche lui diretto alla chiesa parrocchiale, ma, raggiuntolo di corsa non riuscì parlargli.

Qualcosa glielo impediva, come un soffio di vento che gli chiudeva la bocca, mentre avvertiva una sorta di intirizzimento con lievi punzecchiature sulla guancia e sulla mandibola  così disse Natalino al processo.

 

                     

 

Giunto alla chiesa parrocchiale, raccontò tutto al pievano don Angelo Busetto, che rimase stupito della dettagliata narrazione e, dapprima esitante sul valore dell'evento, tanto, da porre più domande al ragazzo e da fargli ripetere più volte il racconto, per rasserenare lo stesso giovane fece infine cenno di aver compreso e raccontò a Natalino che riferisse pure a quella donna -- chiunque ella fosse -- che aveva assolto al suo compito.

                don Paolo Zennaro 

Tornato a casa il ragazzo raccontò l'avvenimento a sua madre per prima, e poi ad altre donne che l'interrogavano e volevano sapere del prodigio. Natalino, infine, preferì non raccontare più niente a nessuno: s'era stancato - confessa egli stesso di dover ripetere la stessa cosa a tante persone curiose Si recò a scuola pensando che tutto sarebbe finalmente finito. Natalino, soddisfatto della missione compiuta, si accingeva a svolgere le sue mansioni nell'accompagnare il rito della distribuzione della Comunione agli infermi, pensando che lungo il tragitto, che l'avrebbe condotto nuovamente accanto alla chiesetta di S. Vito, avrebbe potuto confermare alla donna , se era ancora la , che aveva assolto al suo mandato. Arrivato nei pressi della chiesetta non vide la donna che gli aveva parlato, ma sentì un soffio di vento sulla guancia e sull'orecchio. Venne intanto a sapere che una donna, tale Maritta Furlana, aveva già cominciato a raccogliere offerte per assolvere all'invito celeste di far celebrare delle messe per le anime del purgatorio, come aveva chiesto la misteriosa Signora. Un compagno di scuola propose a Natalino di andare assieme ad aiutare quella donna volonterosa. Riuscirono a raccogliere un bel gruzzolo, e senza nemmeno contarli, portarono i soldi al Pievano: erano 17 lire e mezza, assicurò don Paolo nelle sua testimonianza.

 UNA GIORNATA INTENSA

Per tutto il giorno in quell'assolato 4 agosto fu un via vai di curiosi e di pellegrini che venivano a vedere il luogo della straordinaria manifestazione celeste, il luogo dell'apparizione e l'immagine della Madonna custodita nella chiesetta, che intanto era stata aperta alla grande folla dei fedeli.. Proprio sul movimento, sull'apertura e chiusura degli occhi, si dovettero registrare parecchie testimonianze, in particolare se ne conservano altre di quel giorno stesso.

Passavano infatti dalla laguna verso le 16.00 alcuni pubblici ufficiali che stavano compiendo in barca un sopralluogo ai forti di San Pietro in Volta e di Malamocco, e poi al castello di Chioggia e a quello o di Brondolo. Erano a bordo l'ufficiale di milizia Antonio Pretti, sovrintendente di Artiglieria del Provveditorato ai Lidi, Bartolomeo Erizzo, con il

sig. Biron, Maggiore dei bombardieri e il cameriere del pretti, Giacomo Ferro. Come lo stesso Pretti ebbe a deporre l'anno seguente presso la curia di Vescovile di Brescia (città dove allora abitava) su richiesta della Curia di Chioggia, i tre, giunti all'altezza della chiesa di S. Vito, videro una gran folla e si domandarono il motivo di tanto trambusto. Chiesta spiegazione ad alcuni barcaioli e pescatori, il Pretti brontolò contro quella che egli riteneva creduloneria del popolino.  Ma fece fermare a attraccare la barca. Il sovrintendente entrò, e, spinto dal raccoglimento che ispirava quel luogo, si mise a pregare. Iniziò poi anche lui a vedere quell'immagine della Madonna dipinta su tavola ad occhi aperti con in braccio il bambino, ora chiudeva l'occhio destro e così faceva con l'occhio sinistro, che si chiudeva però solo a metà. Anche gli altri che erano entrati con lui erano testimoni del fatto straordinario. Tutto questo, nei minimi particolari, il Pretti dichiarò nell'interrogatorio canonico del 16 febbraio 1717.

Narrò anche come quell'avvenimeto straordinario cambiò in meglio la sua vita. Ma anche molte altre persone del luogo avevano potuto ammirare il prodigio. Donna Rosada, Floria Busetto, Maddakena Nera, ma anche molti uomini che precedentemente si erano dichiarati increduli: il  bottegaio Vianello Pietro, il pescatore Domenico Scarpa.

Alla sera verso le 23.00, il Parroco Paolo Zennaro si recò presso la chiesetta,  al suo arrivo la gente che ancora affollava la chiesetta sostando in preghiera, cominciò ad uscire, ma più di qualcuno non potè fare  a meno di rivolgersi a don Paolo per narrare i fatti straordinari ai quali aveva assistito. Fu una giornata davvero memorabile, Pellestrina da allora ricorderà sempre quel 4 agosto con grande solennità, come una data decisiva per la propria fede e la propria storia.   

Il giorno dopo quel fatto straordinario il pievano si sentì in dovere di recarsi subito a Chioggia per presentare alla curia il caso. Narrò dettagliatamente quanto il giovane Natalino Scarpa gli aveva riferito, sottolineando che quel ragazzo era un  " putto semplice ", di buone qualità, pio e degno di fede. Il Vescovo Giovanni Soffietti, avvertito della relazione del pievano, il giorno stesso mandò a chiamare Natalino, il quale si presentò alla Curia il giorno dopo, giovedi 6 agosto. Il ragazzo apparve ai curiali con un aspetto piuttosto malinconico: la faccia era pallida, olivastra, i capelli tagliati: tutto compreso dell'importanza e della gravità del momento. Fece il giuramento che gli veniva richiesto ponendo la mano sul Vangelo, ben sapendo che avrebbe dovuto dire la verità da lui conosciuta. Iniziò la sua narrazione, precisa e puntuale.

Il Pievano aveva provveduto anche ad avvertire la Curia Pretoria di Chioggia oltre a quella Vescovile. Il Podestà di allora, Francesco Carminati inviò lo stesso 6 agosto un resoconto al Senato della repubblica. Il Senato ordinò che fossero celebrate delle messe come aveva chiesto la misteriosa Signora. Inoltre, chiese il Podestà si facesse interprete presso la Curia perché fosse avviato un regolare processo canonico, teso ad appurare la verità dei fatti. La richiesta del senato, firmata dal Doge, è datata 8 agosto. L'entusiasmo del Senato erano cresciuti ancor di più al sopraggiungere, nei giorni successivi, delle positive notizie sulla conclusione del conflitto con i turchi, sconfitti nei due fronti di terra e di mare dai veneziani e dagli alleati. Intanto nei giorni seguenti, e ancora a distanza di mesi, si ebbero a registrare altri movimenti miracoloso degli occhi e numerosi episodi di guarigioni straordinarie.

                                                            PROCESSO CANONICO

                       DEPOSIZIONE DEL VEGGENTE SCARPA NATALINO DE'MUTTI

                                            Die Jovi 6 mensis augusti 1716 (giovedì 6 agosto 1716)

Vocatus Nathalinus Scarpa filius Joannis aetatis suae annorum tresdecim et septem mensium circiter faciei pallidae seu olivastrae aspectus ad malencoliana vergentis capillis ferme abbrasis monitus iuratus de veritate  dicenda,  prout factis scripturis juravit.

Traduzione

(Dopo essere stato chiamato, Natalino Scarpa figlio di Giovanni dell’età di tredici anni e sette mesi circa, di faccia pallida o piuttosto olivastra e di aspetto malinconico, con capelli dritti comunemente tagliati, ammonito e avendo giurato riguardo alla verità da dirsi, giurò secondo i fatti scritti di seguito.

Int. de importantia juramenti

Rt. So cosa xe zuramento havendo inteso da V.S. e certo che sa da dir la verità, de quello, che s’hà visto e se sa.

Int. se sappia, ò possa imaginarsi la causa, perché è stato chiamato dalla giustitia.

Rt. Penso che la giustitia,  m’habbia chiamà per dir la verità de quel che ho visto.

Int. cosa egli habbia visto !

Rt. Marti mattina verso un hora de sole andando mi alla Chiesa Parocchiale per andar à Messa, et per accompagnare la Comunione a tre infermi sul cantone della Chiesiola di S.Vio donde ghe xè un parè de grasiolle ho visto una Donna, che me fece di atto con la man chiamandomi vien quà fio, e la me disse và dal Piovan e dighe, ch’el faza  (dir) celebrar delle Messe (all’) per l’Aneme del Purgatorio ,(che havaremo) se volemo haver vittoria, portame la resposta, e tel digo à ti perché ti xe degno.

Int. se quella Donna dicesse, ò facesse altre dimostratione con esso testimonio.

Rt. Avanti che la me parlesse con la sua man dreta la me toccò la mia man zanca tra il nodo della man e del brazzo.

Int. se Lui rispondesse alcuna cosa à quella Donna.

Rt. Signor nò solamente cò la testa ghe feci cenno de si, e poi partii.

Int. se nel partirsi restò là in quel sito dove si trovava, la detta Donna.

Rt. Ho seguita la mia strada senza voltarmi da drio, e così no so, se la sia restà là.

Int. se quella Donna era Vecchia, ò Giovine, e che volto haveva.

Rt. L’era vecchia e per quanto considero, l’era di quel età che xe la Madre del mio Spett.le Mistro ma nò sò quanti anni questa possa havere, il suo volto era rosso verso gl’occhi e il fronte mà le ganasce era bianche, che pareva, che alquanto le ghe venisse zoso.

Int. Chi potesse quella Donna rassomigliare  secondo la sua cognitione delle Donne del Lido di Pellestrina

Rt. Rassomeggiava la Madre del mio Spett.le Maestro così distinto i so occhi.

Int. se veramente fosse la Madre del Spett.le suo Maestro.

Rt.Sig. nò, perchè la Madre del mio Maestro è di statura un pocco più bassa, e può no la va vestia, come gera questa.

Int. come quella Donna era vestita

Rt. Haveva  quella Donna in testa un facciollo bianco, come portano le Donne di Chiozza, il qual facciollo  o nincioletto, che così anche el se chiama lì calava zo sotto li brazzi, e l’haveva una carpetta fatta à stelle.

Int. se la detta carpetta era tutta di stelle, ò pure le stelle erano asperse sù qualche drappo

Rt. Ghe giera delle stelle rosse sul drappo

Int. Di che qualit,à e colore era quel drappo

Rt. No ho osservà, perché data un’occhià à quelle stelle, subito l’ho vardà in faccia.

Int. se quella Donna havesse orecchini, perle, manini, anelli, ò altri ornamenti d’oro ò d’argento.

Rt. La gera schietta senza nessuna delle cose che V.S. m’ha nominà.

Int. se quella Donna havesse scarpe, e come erano fatte

Rt. No se ghe vedeva i Piè, perché i gera coverti dalla carpetta.

Int. se habbia lui visto altri in compagnia di quella Donna; ò pure, se quella sia stata vista dà altre persone.

Rt. Ella gera sola, ne altri che mi l’ha vista.

Int. se dal volto di quella Donna, e dalle stelle della carpetta usciva alcun splendore.

Rt. Sig. no, bensì le stelle erano rosse rosse.

Int. se la chiesuola di S.Vio era chiusa, ò aperta.

Rt. La Chiesiolla era serada.

Int. se partito di là habbia esso testimonio, raccontato questo successo ad alcuno, avanti di andar à raccontarlo al Spett.le Pievano.

Rt. Voleva contarlo al Spett.le D. Anzolo Busetti Capellan nostro, che gera dodese, in quatordese passi lontan da mi avanti de mi che accompagnà co un di Barbari l’handava verso la Chiesa; ma quando sù stà visin à lui, e che voleva avrir la bocca per dirghe sta cosa se vegnù un vento, che m’ha dà in la ganassa, e nò hò podesto parlare e me s’ha serrà la bocca.

Int. se quel vento era caldo, ò freddo.

Rt. Non ho messo a mente; ma me xe subito vegnù per la testa giusto come ponzotti.

Int. se quel vento era venuto come suole venir il borrin, il sirrocco, ò li altri venti.

Rt. Gera ventesello; mà quello che m’ha pettà in la ganassa era tutto in tun grumo.

Int. Cosa facesse, quando arrivò alla Chiesa

Rt. Prima sù andà in Chiesa per la parte de Sagrestia; me su ingenocchià al Santissimo et ho dito un Pater, et un Ave Maria, e può avendo visto il Campanero ingenocchià anch’ello, che el diseva l’officio gho domandà dove gera il Spett.le Pievano, e lu me disse, che l’era in casa; così su andà in casa, e gho contà ad esso Spett.le Pievano quello, che m’ha ditto quella Donna.

Int. come dicesse al spett.le Pievano quello aveva inteso dà quella Donna.

Rt. Spett.le Piovano à S.Vio ho visto una Donna, e l’ha ma ditto così; che vegna dal Piovan che ghe diga, chel  faccia celebrar delle messe per le Anime del Purgatorio, se volemo haver vittoria e portime la risposta; e tel digo à ti perché ti xe degno.

Int. che cosa rispondesse il Spett.le Pievano

Rt. El m’ha ditto, che vaga, e se la catto, che ghe diga, che ghe l’hò ditto.

Int. se ritornasse à dar la risposta à quella Donna.

Rt. Sig.Bara Nadalin Degan del Lido me diede el campanello dà sonare avanti la Comunion, che gera parecchià d’andar fuora, e così accompagnai il Santissimo Sacramento, semo passai dretto la Chiesiola di S.Vio, e quando semo stai là dretto me xe vegnuo in quella istessa maniera de prima un altro grumo de vento, che me dè in la ganassa mà sensa li punzotti de prima, e me su accorto che quella Donna aspetteva la risposta.

Int. se là vedesse de fatto quella Donna che dice aspettasse la risposta.

Rt. Mi nò l’ho più vista, e hò seguità la Processione; è vero che sono tornato al solito come hò per uso, quando passo per quella Chiesiola di dir un Pater, e un Ave Maria; ma non l’ho più vista; mà vi sono adesso sempre persone attorno la detta Chiesa.

Int. se esso Nadalin habbia significato ad altre persone il successo, e cosa ne sia seguito.

Rt. In casa l’hò detto à mia Donna Mare, questa l’hà ditto à delle altre Donne, le quali le hà voludo che mi ghe conta il fatto, e può mò stuffà e sù andà à scuola. Donna Marietta Furlana per aver sentio stò caso l’andeva à cercando per far dir una Messa alle Anime del Purgatorio, un Putto di scuola me disse andemo à cercando anca nù; mi ghe dissi, che ghe domandemo alla Spett.le Maestra la quale ne concesse d’andar, e così cercassimo e tutti li soldi, che havemo cattà, li portassimo al Spett.le Piovan.

Int. quanti soldi erano quelli

Rt. Signor mi nò sò, che nò i hò contai

Int. se sappia, che in quella Chiesiola di S.Vio sia stata veduta un Imagine della B.Vergine ad aprire gl’occhi, e serrarli.

Rt. Havendomi ricercato il Spett.le  don Nipote del Spett.le Piovan, che li mostrassi dove hò veduta quella Donna, gl’insegnai il luogo, e all’hora molte Donne s’ingenocchiorno, e frà queste due Donne, che nò sò cosa le habbi nome; mà sono Donne delli Zenari si approssimarno alla porta della Chiesiola, et osservando per il Buso della serratura, dove si mette la Chiave, dissero, che vedevano la Madonna ad averzer li occhi e a far miracoli. Mi però non hò visto tal cosa, e al’hora si fece un gran concorso de zente.

Int. se sappia altro sopra questo particolare

Rt. Signor seguitai à cercare per le Anime e in contrai in un huomo mio Santolo, che se dise Bara Fisolo, il quale diseva alle Donne che queste no ghe xè cose da credere.Lui però andò alla Chiesa à vedere se la Madonna avriva li occhi, e mia Cugnata la quale si chiama Anzoletta sentì il medemo à dire; adesso credo, perché hò visto.

Int. se habbia inteso che da altri particolari si sia veduta tal cosa.

Rt. Signor nò, e poi hò atteso à far i fatti miei.

Monitus à pensar bene, che quanto hà esposto alla giustitia pare più tosto, che sia un inventione à lui suggerita dà qualche Persona malitios;, Dio il sà per qual fine e non successo vero e reale, e che perciò manifesti dà chi sia stata suggerita la narrativa di quella Donna, e dall’Imagine che fu detto aprir,  e serrar gl’occhi; altrimenti trattandosi di che si tratta sarà punito dalla giustitia di Dio e dà quella del mondo.

Rt. Se V.S. crede, che mi hebbia Battesimo, così è vero quanto che ghò contà, ne ghe xè stà nessun, che m’hebbia ditto ste cose; e certo la xè così, come ghe l’hò contà.

Monitus che havendo dett,o che quella Donna disse : te digo à ti ste cose perché ti xè degno, hà dà considerare, che essendo un Putto di pocchi meriti pare questa una presuntione superba.

Rt. Mi pocco considero stè cose, che sò che sù un niente; mà sò ben che su stà, e sù devoto di Maria Vergine, e per l’avvenire molto più sarò divoto.

Quibus habitis fuit licentiatus cum monitione, ut redeat ad illum locum tunc temporis, quando solus esse possit, et reddat responsum habitum a Domino Piebano illi Mulieri, si forte eam viderit, relecutum confirmavit, et se subscripsit promitens huic Curiae quidquid novi acciderit, referre.

Traduzione

(Avute luogo queste cose fu licenziato con una raccomandazione, affinché ritorni a quel luogo immediatamente e, appena potesse essere solo,  porti la risposta data dal Sig. Pievano a quella Donna, se per caso l’avrebbe rivista, ha confermato ciò che ha riletto, si firmò, promettendo  che avrebbe riferito a questa Curia qualsiasi cosa nuova fosse accaduta.)

io Nadalin Scarpa fio de Zuane affermo

 

                                                                            LA SENTENZA POSITIVA

 Il 14 luglio 1717 il Vescovo di Chioggia Giovanni Soffietti poté così finalmente esprimere il proprio giudizio ufficiale con la

sentenza conclusiva del processo canonico:

L'illustrissimo e Reverendissimo vescovo , avendo visto gli atti canonici e avendo considerato attentamente i pareri dei teologi e canonisti, appositamente consultati, avendo posto il promotore fiscale alla Curia la questione sull'Apparizione della B.V. il giorno 4 agosto 1716 ad un certo Natalino Scarpa presso la chiesa di S. Vito di Pellestrina, e anche sull'altro fatto che l'immagine della Beata Vergine conservata nella stessa chiesa, dipinta in una pala lignea d'altare, abbia aperto e chiuso più volte gli occhi nello stesso giorno.

                   

Essendosi discusso sulla questione in tutti gli aspetti, sia di diritto che di fatto e soprattutto sulla causa, sul modo, sul fine e sulla natura stessa dell'evento in parola, avendo accuratamente vagliato le deposizioni dei testimoni con tutti gli annessi e gli avvenimenti poi succedutisi, proclamò, decretò e definitivamente pronunziò che è da considerare - ed è proprio così - che veramente e senza alcun dubbio era la Beata vergine Maria Madre di Dio quella che apparve vicino alla chiesa di Pellestrina a Natalino Scarpa e approvò in tal modo l'apparizione con la sua autorità ordinaria; inoltre risulta chiaramente anche che l'immagine della Beata Vergine, conservata nella stessa chiesa di S. Vito abbia aperto e chiuso più volte gli occhi e dichiarò che questo è da considerarsi - ed è veramente - come un miracolo, e parimenti approvò, come  col presente dichiara ed approva - restando salvo il diritto in riferimento alle altre cose riguardarti le premesse nel processo e su altre acquisizioni derivanti da ulteriori approfondimenti; e così disse, stabilì, pronunziò, dichiarò e approvò non solo nel modo premesso, ma anche in qualsiasi altro miglior modo in cui la cosa si possa esprimere: A lode di Dio Onnipotente e della SS.ma Vergine Maria. In fede delle quali cose.

Giovanni Vescovo Clodiense dato in Chioggia dalla Cancelleria Vescovile il 14 del mese di luglio 1717.

IL SANTUARIO DELL'APPARIZIONE

                                 

IL Senato, già infervorato dagli episodi che rimbalzavano sull'isola non perse tempo --  appena ricevuta la notizia del pubblico riconoscimento ecclesiastico-- per decretare la costruzione di un nuovo tempio, un tempio votivo a ricordo della protezione di Maria sulla repubblica e a sprone verso una più profonda devozione e una più intensa vita di fede.

Già appena a un mese di distanza dalla sentenza positiva della Chiesa clodiense, il Senato in data 21 luglio 1717, aveva stabilito l'erezione del tempio-santuario in Pellestrina, sul luogo dell'antica piccola chiesa di S. Vito. Ecco il testo: " che opportunamente debba esser fabbricata una cappella propria e decente, con che apparisca sempre più la venerazione verso nostra Signora, tutela e difesa di questo dominio.

Il 18 settembre dello stesso anno il Senato ordinava ai "Signori sopra i Monasteri" di richiedere a vari rinomati architetti un progetto completo sia del nuovo tempio " che costruirsi doveva per voto pubblico ", sia delle adiacenti abitazioni per i due cappellani. Nel dicembre seguente, il Senato che sull'argomento produceva, documenti a ripetizione, tanto gli doveva premere l'impresa, sollecitava gli stessi "Signori" a scegliere il migliore disegno "cosicchè potesse celermente effettuarsi ad onore della gran Madre di Dio. La scelta cadde sul progetto di Andrea Tirelli.

Contemporaneamente il Senato provvedeva a mobilitare altri organismi della repubblica per gli stanziamenti di fondi, per la raccolta di materiale edile, per l'espletamento delle formalità connesse all'acquisto del terreno necessario. Il terreno, appunto, che doveva essere più ampio di quello dove sorgeva il precedente tempio, venne offerto generosamente dal patriarca di Venezia mons. Pietro Barbarigo, e dai Nobiluomini della famiglia Bembo. I Bembo diedero anche il loro assenso per la demolizione dell'oratorio esistente a condizione che venisse loro conservato il diritto di Giuspatronato, acquisito per l'antica chiesetta, anche  sulla nuova cappella votiva.

Particolarmente significativo, anche nella prospettiva di un'autentica interpretazione del fatto straordinario dell'apparizione da parte della repubblica veneta, risulta un decreto del senato del 6 agosto 1718, dove il "segno" concesso dalla Vergine al lido veneziano viene visto non tanto come auspicio di vittoria sul nemico, ma in luce più positiva, come annuncio di pace: il Senato infatti desiderava vedere -- come si legge -- " colla maggiore speditezza eretta una fabbrica... per venerarsi riposta in luogo decente quella Sacra Immagine di Maria Vergine, quale ivi dichiaratasi particolare Protettrice della repubblica nostra la guidò da gravi decorsi anfratti nel senso della pace, che dobbiamo con devota fiducia promettersi durevole, e sopra questa provincia estesa per  sperimentarla seconda delle più desiderabili prosperità,   

Tra una cosa e l'altra passò più tempo del previsto prima che iniziassero i lavori: comunque, mente ancora si facevano i preparativi per procurare il materiale, si provvide all'escavazione delle fondamenta e si potè stabilire come data per la posa della prima pietra , in accordo tra Vescovo e Magistrato il 16 agosto 1718.

Per quella occasione fu anche coniata una medaglia che raffigurava l'immagine di Maria col bambino tra le nuvole del cielo on la scritta "Presidio Veneziano -- tempio alla B.M.V. di Pellestrina, 1718", mentre nell'altra  faccia riportava il nome di del Doge Jo. Cornelio, del vescovo Giovanni Soffietti e dei Provveditori sui monasteri Andrea Capello, Daniele Rainero e Vincenzo Gradenigo. La cronaca di quel primo grande giorno venne redatta da un ufficiale della cancelleria vescovile e tramandata alla storia negli archivi della Curia clodiense. Erano presenti al rito il Vescovo di Chioggia, mons. Giovanni Soffietti, che benedisse la prima pietra, il Segretario dei Provveditori sui Monasteri, Alessandro Maria Mazzucato, e un gran numero di fedeli giunti da ogni dove.

L'opera di costruzione si protrasse per cinque anni con continui incitamenti da parte del Senato, la spesa risultò ingente, molto più alta del previsto, poichè man mano che si procedeva si tendeva a migliorare le strutture e gli ornamenti. La chiesa, di pianta ottagonale, fu rivestita di marmo d'Istria nei tre lati della facciata esterna che danno sulla scalinata e sul piazzale, ugualmente lastricato in marmo. All'interno fu dotata di tre pregevoli altari: uno sul fondo per ospitare il quadro della vergine e due ai lati. Il costo complessivo per il pubblico erario esclusi il valore dei materiali forniti direttamente dai vari organismi della repubblica coinvolti dal Senato superò i ventimila ducati.

Un'ultima sollecitazione dovette giungere da parte del Senato al "Savio Cassiere", in seguito alla mareggiata che aveva minacciato di distruzione l'antica chiesetta nel gennaio 1722 mentre non era ancora pronta la nuova.

In quello stesso mese venne appunto chiesto lo stanziamento di quindicimila lire necessarie al completamento delle vetrate, del pavimento e dell'altare, di modo che fosse possibile la traslazione dell'immagine sacra in pericolo.

Venne interessato anche il Podestà di Chioggia, Andrea Soranzo: una lettera ducale del 15 gennaio lo invitava a prendere contatto col Vecsovo di Chioggia per stabilire una volta che il tempio fosse stato agibile tempi e modi per la solenne traslazione.

Una prima data (11 ottobre 1722) venne annullata perchè non era ancora pronta la chiesa: si pensò di spostare il momento tanto atteso a fine maggio dell'anno successivo. Nel frattempo vennero anche fuse le campane col metallo offerto dal Magistrato alle miniere, fu consegnata la lampada votiva e venne sistemata a dovere la mensa dell'altare principale, che potè essere benedetta già il 2 marzo da Vicario generale Giuseppe Ballarin, espressamente incaricato dal Vescovo. Fu l'Arciprete di Ognissanti, il giorno seguente, a celebrarvi la prima messa , alla presenza dei provveditori sui monasteri, appositamente giunti da Venezia  in rappresentanza dell'autorità civile.

In  preparazione al grande giorno della traslazione, fissato alla domenica 30 maggio, si pensò di organizzare anche una Missione al popolo, che durò da domenica 9 maggio alla domenica 16, solennità di pentecoste, predicata da due Gesuiti e frequentata da moltissimi  fedeli. Il giorno precedente la festa, sabato 29,  arrivò a Pellestrina il Vescovo e il mattino seguente lo raggiunsero da Chioggia i Canonici della Cattedrale con molti sacerdoti e religiosi della Diocesi e con gli iscritti alle varie Confraternite. Giunse infine anche il Podestà di Chioggia, Niccolò IV Erizzo, con i membri del Consiglio Minore; tutte le autorità civili e religiose si portarono in barca alla nuova chiesa, mentre faceva corona una gran folla di fedeli provenienti, oltre che da Pellestrina, da molti altri luoghi, specie da Venezia.